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Contrastare l’Aids: una lotta importante anche ai tempi del coronavirus

Mercoledì 1° dicembre si celebra in tutto il mondo la Giornata dedicata alla lotta contro l’Aids. La Caritas altoatesina ricorda come, anche in tempo di coronavirus, sia importante dare sostegno alle persone malate di Aids e che convivono con il virus dell’HIV, per superare pregiudizi e invisibilità con gli strumenti dell’informazione e dell’incontro, salvaguardando la salute di tutta la comunità.

Nell’ultimo anno, in Alto Adige sono stati registrati dall’unità sanitaria 10 nuovi casi di infezione da HIV, in linea con la tendenza nazionale che registra una leggera diminuzione dei contagi, ma 1 caso su due viene scoperto quando la malattia si manifesta già in fase avanzata. “Emerge quindi il bisogno di più informazioni sul tema, per promuovere atteggiamenti consapevoli e facilitare una diagnosi precoce della malattia, soprattutto fra i giovani tra i 20 e i 35 anni, che sono la fascia più colpita” evidenzia Paolo Valente, direttore della Caritas. “Rispetto agli enormi progressi raggiunti sul versante delle cure e della gestione medico-sanitaria della malattia, infatti, non si può essere altrettanto soddisfatti dal punto di vista sociale, dove permangono pregiudizi e discriminazioni che spingono le persone a sottovalutare il rischio prima, e a vivere nell’ombra della sieropositività poi, sacrificando affetti e amicizie.”

A raccontarlo sono gli operatori dei servizi Caritas, attivi da anni nella lotta all’HIV, sia sul fronte della prevenzione che su quello della presa in carico delle persone colpite. “Ancora oggi la sieropositività viene vissuta come discriminatoria e influenza negativamente l’intera situazione sociale che ruota attorno alle persone” dice Patrizia Federer, responsabile di Binario 7, il drop-in che oltre a prendersi cura delle persone tossicodipendenti, offre un prezioso servizio di prevenzione rispetto alle malattie infettive. Accanto all’erogazione di materiale sterile e di profilassi, Binario7 dà importanza soprattutto alla consulenza sui rischi connessi a diverse forme comportamentali: “Collegato al consumo di sostanze spesso si manifesta una disinibizione che può sfociare in comportamenti poco sicuri; in venti anni di attività abbiamo sostenuto circa 63.000 sessioni di consulenza, puntando sulla salvaguardia della salute delle persone e della comunità, anche invitando a effettuare un test HIV”. Test per il quale, nell’ultimo periodo di restrizioni dovute al covid-19, è stata incentivata la possibilità di effettuarlo direttamente nel servizio, in forma anonima, aggirando remore e vergogna di recarsi in una struttura sanitaria.

“Assieme al lavoro per il superamento del pregiudizio, occorre anche portare avanti quello che riguarda l’uscita dall’invisibilità, reso ancor più necessario dall’emergenza legata al coronavirus” afferma Pierpaolo Patrizi, psicologo e psicoterapeuta a guida del servizio Iris che da quasi 30 anni accompagna le persone che convivono con l’HIV. Con l’impiego di un gruppo di volontarie e volontari, il servizio Iris consiste proprio nell’incontrare le persone, a casa, nelle strutture dove sono ospitate, in sedute di psicoterapia e musicoterapia o nel reparto di malattie infettive, anche se qui la pandemia ha portato alla sospensione delle visite. “Per noi è fondamentale la relazione umana: sta alla base dei progetti che portiamo avanti e che ci vedono collaborare anche con altri servizi sul territorio. La sfida per il futuro è quella di ‘intercettare’ sempre più le persone giovani che entrano a contatto con il virus”.

Il servizio Iris ha instaurato da anni una relazione speciale con Casa Emmaus, la comunità residenziale della Caritas che può ospitare 14 persone sieropositive o malate di Aids. “Generalmente la trasmissione del virus avviene per via sessuale e ancora oggi, per pudore, vergogna o disinformazione, il test dell’HIV viene effettuato tardivamente” racconta anche Katiuscia Cabras, responsabile della struttura, sottolineando ancora una volta il bisogno di uscire da pregiudizi e paure per avviare tempestivamente un percorso terapeutico. Casa Emmaus tuttavia, offre un sostegno che va al di là del piano prettamente medico-sanitario. Qui donne e uomini che hanno contratto il virus trovano un tetto e il calore umano necessario per affrontare una fase delicata della vita, caratterizzata dalla malattia, anche in fase terminale. Il personale offre un accompagnamento psicologico ed educativo che aiuta anche a strutturare il tempo libero attraverso attività laboratoriali o all’aria aperta, per esempio prendendosi cura dell’orto o collaborando nelle altre attività che ruotano intorno alla casa, e in questo modo si ricostruisce, in maniera graduale, quella dignità che sembrava perduta, ridando senso al proprio vivere, anche quando sembra difficile ripartire.

Insomma il tema ha bisogno del suo spazio, ancor più in un momento in cui l’attenzione tende a focalizzarsi maggiormente sul coronavirus. Con questi servizi pensati appositamente per l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone sieropositive e malate di Aids, e con l’opera d’informazione, prevenzione e screening, la Caritas ribadisce in questa giornata di sensibilizzazione, il proprio impegno nel rispondere in maniera ampia e articolate ai bisogni legati all’HIV, dando il proprio contributo a questa battaglia ancora da vincere.


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