Da oltre 2 anni, il progetto Matilde coinvolge Università, enti locali e organizzazioni sociali, per un totale di 25 partner in 10 differenti Paesi europei, allo scopo di indagare gli effetti sociali ed economici della migrazione nelle zone rurali e montane. In Alto Adige, la ricerca si è concentrata sull’integrazione lavorativa dei nuovi cittadini: “Nei nostri servizi sperimentiamo quotidianamente quanto sia difficile, soprattutto per le persone provenienti da paesi non comunitari, trovare un lavoro soddisfacente. Inoltre i lavori trovati non corrispondono quasi mai alle abilità dei lavoratori, e non sono rare le incomprensioni nell’ambiente lavorativo stesso. Questa situazione comporta frustrazioni ed equivoci da tutti i lati”, spiega Alessia Fellin, responsabile dell’area Accoglienza della Caritas. L’obiettivo della Caritas, al contrario, è proprio quello di contrastare questo genere di situazioni in modo sostenibile sia per i centri di consulenza che per i datori di lavoro. “Abbiamo aderito al progetto MATILDE come partner locale perché siamo contenti di lavorare insieme alle aziende, alle istituzioni pubbliche, ai sindacati e alle altre organizzazioni non profit per far sì che i nostri nuovi concittadini abbiano un’opportunità e siano sostenuti in essa” ha spiegato Fellin durante la conferenza stampa.
Secondo i dati del 2019, i cittadini non comunitari in Alto Adige sono impiegati per lo più nel settore alberghiero (34,6%), nei servizi di supporto alle imprese (15,7%) e nelle costruzioni (12,4%), e in media guadagnano il 40% in meno dei cittadini italiani. Anche in termini di disoccupazione, già prima della pandemia, la percentuale era di quasi il 12% per i cittadini non comunitari, mentre in tutto l’Alto Adige solo il 2,9% della popolazione era senza lavoro, con la conseguenza di risultare esposti ad un rischio povertà tre volte maggiore rispetto alla media della restante popolazione. Ben inferiore invece l’età media dei cittadini non comunitari, solo il 6% dei quali risulta avere un’età maggiore di 65 anni, contro il 21% fra l’intera popolazione.
“Queste cifre mostrano con chiarezza quanto sia importante il successo di un’integrazione lavorativa dei migranti, sia per l’economia che per la società locale nel suo complesso”, sottolinea Andrea Membretti, coordinatore scientifico del progetto MATILDE. Membretti è professore di sociologia presso l’Università di Pavia e insieme alla Caritas Diocesana di Bolzano Bressanone, l’Università di Torino e altre istituzioni del settore pubblico, ha dapprima raccolto dati e condotto un’analisi individuando casi-studio, sulla struttura della popolazione e del mercato del lavoro con uno sguardo ai cittadini extracomunitari. In un secondo momento sono stati formati gruppi di lavoro coinvolgendo attori locali come cooperative sociali, aziende del territorio, sindacati, servizi Caritas, uffici di collocamento e di formazione. “Anche nella cornice della pandemia, è emerso quanto siano ricercati e necessari i lavoratori qualificati, guardando anche oltre i classici settori del turismo e dell’agricoltura. I migranti potrebbero giocare un ruolo importante in questo”, dice Membretti. Tuttavia, questo richiede metodi e strumenti che facilitino l’incontro reciproco dei cittadini stranieri con i potenziali datori di lavoro, e la possibilità di indirizzare gli immigrati verso percorsi di formazione specifica, che rispondano tanto ai bisogni del mercato del lavoro locale, quanto ai progetti di professionalizzazione degli stranieri.
Secondo il team di ricerca, uno strumento particolarmente adatto a questo scopo è il “Bilancio di competenze”. Questo strumento prende in considerazione le qualifiche professionali delle persone in cerca di lavoro, tenendo in considerazione e valorizzando le cosiddette “soft skills”, ovvero quelle abilità personali e sociali (comunicazione, empatia, team working, ecc.) che risultano centrali per una integrazione lavorativa di successo. “Insieme ai diversi partner alto atesini, abbiamo testato questo strumento per valutare in maniera più completa le competenze dei migranti in cerca di lavoro. Il risultato è duplice: oltre a valorizzare chi cerca lavoro, si fornisce un aiuto anche ai datori di lavoro, restituendo loro un quadro più completo dei candidati che si trovano a dover valutare”, dice Membretti, ribadendo ancora una volta come sia importante sviluppare sistematicamente il bilancio di competenze. “La collaborazione con una moltitudine di soggetti durante questo lungo processo, ha confermato l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, per realizzare un'integrazione dei lavoratori stranieri capace di dare prosperità all’intera regione”.
Che ci sia interesse anche da parte delle aziende altoatesine, lo testimonia Evelyn Kirchmaier, direttrice generale di Markas Italia. L’azienda ha partecipato attivamente fin dall’inizio a tutte le fasi di ricerca di MATILDE: “In Markas lavorano oltre 10mila persone di ben 84 nazionalità diverse e tutti noi siamo impegnati, ogni giorno, nel creare un luogo di lavoro inclusivo. Essere partner del progetto Matilde, inoltre, ci ha dato l’opportunità di collaborare alla messa a punto del Bilancio di Competenze. È uno strumento che propone un approccio win-win: dà modo alle persone di valorizzare le proprie potenzialità e aiuta le aziende a selezionare la persona giusta per il giusto ruolo”. Come vicepresidente dell’Associazione degli imprenditori altoatesini con delega a lavoro e integrazione, Kirchmaier si impegna a coinvolgere anche altre imprese locali. “Il lavoro rappresenta un punto di partenza di un percorso di concreta integrazione. Un luogo di lavoro capace di valorizzare tutti i collaboratori diventa fucina di talenti e ‘palestra’ in cui allenare competenze che qualificano la persona e le aziende. Con questa visione ne beneficia l’intero territorio. L’impegno nel realizzare una reale integrazione lavorativa valorizza e fa crescere l’intera comunità”, conclude Kirchmaier.
Brevi approfondimenti sulla situazione professionale delle persone con background migratorio, sui relativi obiettivi di vita e sugli sforzi per realizzarli, sono raccolti nella mostra fotografica “Work in Progress”. La fotografa e artista Daria Akimenko racconta con le sue foto l’esperienza di 6 persone che vivono e lavorano in Alto Adige in situazioni molto diverse rincorrendo obiettivi professionali molto personali. La mostra sarà visitabile al Liebeswerk di Merano dall’ 1 al 15 aprile con ingresso libero per tutti gli interessati.