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In occasione della presentazione della mostra fotografica “Here I am”: Profughi, tra lavoro e ricerca di un alloggio - il bilancio della Caritas

Oltre un tetto e un pasto caldo. Investire risorse in favore dei richiedenti asilo porta frutto. Circa la metà dei profughi alloggiati nelle strutture della Caritas si è confrontata o è impegnata, infatti, in esperienze di volontariato strutturato, stage o lavora tramite regolari contratti di impiego. Inoltre, la quasi totalità dei profughi ai quali viene riconosciuto lo status di protezione internazionale, umanitaria o sussidiaria una volta usciti dalle case di accoglienza trova una sistemazione abitativa adeguata grazie all’accompagnamento fornito da Caritas. In occasione della presentazione alla stampa della mostra fotografica del fotografo bolzanino Ludwig Thalheimer, frutto della sua collaborazione e di un workshop fotografico realizzato in casa Aaron, Caritas traccia il bilancio annuale relativo all’area di accoglienza dei richiedenti asilo nelle 10 strutture presenti in provincia. “Aprire loro le porte nel segno dell’integrazione ci può rendere solo più ricchi e più umani” sottolineano i direttori della Caritas Paolo Valente e Franz Kripp.

Un anno fa la Caritas apriva l’ultima delle sue strutture per profughi che gestisce in provincia. Se nel 2014 erano due, ora sono dieci, dislocate in tutto l’Alto Adige. Nelle strutture trovano accoglienza ad oggi 445 persone, di cui 400 uomini e 45 donne. Undici sono le famiglie accolte, con 18 bambini. “Nelle strutture cerchiamo di accompagnare gli ospiti in un percorso di sviluppo che miri a ridare loro autonomia e gli strumenti necessari a farli sentire parte integrante della nostra società” sottolinea la responsabile dell’area profughi Alessia Fellin. In questa direzione sono rivolti gli sforzi degli operatori Caritas volti a trovare un’occupazione ai richiedenti asilo. Incoraggianti sono i risultati raggiunti: circa il 20% degli ospiti (90) è occupato in attività di volontariato di diverso tipo - di questi circa 50 svolgono volontariato grazie ai protocolli di collaborazione siglati con i Comuni o le Comunità comprensoriali -,
il 10% degli ospiti è impegnato invece in stage di formazione professionale in collaborazione con gli uffici provinciali, un restante 20% degli ospiti lavora invece regolarmente tramite contratto o voucher. Gli ambiti lavorativi sono tra i più disparati: si va dalla ristorazione all’agricoltura, passando per il giardinaggio, l’artigianato e il settore delle pulizie. Un profugo su due, quindi, riesce anche grazie al volontariato a imparare un lavoro e confrontarsi con la realtà professionale altoatesina. “Volontariato e stage permettono di esercitare la lingua (italiana o tedesca), imparare un mestiere e costruire relazioni conoscendo la realtà del territorio” conclude Alessia Fellin.

Nel percorso di apprendimento della lingua, di formazione e crescita personale fondamentali sono soprattutto i 150 volontari che prestano servizio nelle diverse strutture: corsi di lingua, di cultura locale, laboratori di artigianato e molto altro, come ad esempio il workshop di fotografia per profughi e richiedenti asilo residenti a Casa Aaron, organizzato e condotto dal fotografo bolzanino Ludwig Thalheimer, che è diventato mostra e oggi viene presentato alla stampa. “Here I am” (http://hereiam.bz.it/pages/The-Project) è il nome del progetto, attraverso il quale Ludwig ha deciso di introdurre una ventina di profughi ai segreti della fotografia attraverso alcuni workshop per poi farli andare alla scoperta della città muniti di una macchina fotografica digitale per realizzare, ognuno, il proprio servizio. Ne esce un ritratto di una Bolzano diversa, una città vista con gli occhi di chi interroga e scruta il “nuovo” mondo, portandoci in un viaggio alla scoperta di quello che noi, autoctoni, siamo. Ci sono i parchi gioco “che nella mia terra non esistono”, racconta Sharif, le aiuole di fiori, i mercatini e molto altro che noi, solitamente, diamo per scontato. “La fotografia è più di una semplice riproduzione visiva, è una forma di riflessione sulla realtà che ci circonda, e supera le barriere linguistiche e delle culture” racconta il professionista Ludwig Thalheimer. La sua mostra rimarrà visibile fino all’8 gennaio del prossimo anno nel foyer del Teatro Cristallo.

Per i richiedenti asilo l’impatto con una realtà nuova può essere forte, come difficile è per loro il momento dell’uscita dalle strutture di accoglienza una volta terminato l’iter relativo alla richiesta di asilo. Da marzo Caritas ha deciso di investire proprie risorse nel settore “ricerca casa”, con un’apposita figura professionale che sostiene i progetti di autonomia di chi deve uscire dalle strutture. Da quel mese circa 90 persone sono uscite dalle strutture, di queste circa 70 hanno trovato una sistemazione abitativa (appartamenti, appartamenti in condivisione, abitazioni fornite dai datori di lavoro ecc…) grazie all’accompagnamento e sostegno fornito dalla Caritas. Tutto ciò è stato possibile anche grazie alla stretta collaborazione tra diversi soggetti pubblici, privati e del mondo ecclesiale. Chi volesse mettere a disposizione appartamenti o posti letto ai profughi che hanno concluso positivamente il loro procedimento di asilo può contattare la Caritas, in particolare Magdalena Windegger. “Le esperienze avute finora sono positive e come Caritas offriamo accompagnamento, consulenza e mediazione in tutte le fasi necessarie della ricerca dell’alloggio, compreso il disbrigo delle eventuali pratiche burocratiche”.

Oltre all’accoglienza nelle strutture, alla ricerca di casa e lavoro, Caritas offre ai profughi diversi altri servizi su tutto il territorio, tra cui la Consulenza Profughi, la consulenza per migranti Moca e Input, Migrantes e la distribuzione pasti S. Chiara. Alloggio e lavoro sono condizioni essenziali per garantire l’inclusione sociale, come il contatto con i volontari risulta fondamentale per favorire l’integrazione. “Il periodo che le persone richiedenti asilo trascorrono nelle nostre case deve essere riempito di significato, al di là dell’esito della loro domanda. Sono persone che hanno voglia di vivere, di rendersi utili, di lavorare, si esprimersi, di crescere. Spesso ci sono di esempio, in questo, e aprire loro le porte nel segno dell’integrazione ci può rendere solo più ricchi e più umani” concludono i direttori della Caritas Paolo Valente e Franz Kripp.


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