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La morte del piccolo Adan

La morte di Adan, il ragazzino curdo iracheno di 13 anni, solleva dal punto di vista della Caritas diversi interrogativi, tra questi quello sull’adeguatezza delle norme locali che limitano l’accoglienza delle persone richiedenti asilo.

Alla mancata accoglienza fanno da mesi opera di supplenza i privati, i volontari organizzati e (lontano da clamori mediatici) le parrocchie di Bolzano. La Caritas diocesana fin dal settembre 2016 ha denunciato l’inopportunità e l’illegittimità della modifica, da parte della Provincia, dei criteri inerenti l’accoglienza dei profughi e ha più volte e in varie sedi chiesto il ritiro o la revisione della circolare che impone tali criteri.

La cronologia: Domenica 8 ottobre 2017 Adan, ragazzino curdo iracheno di 13 anni, giunto a Bolzano da una settimana con la famiglia (padre, madre e altri tre fratellini) proveniente dalla Svezia, è morto in ospedale dove era stato ricoverato in seguito a una caduta dalla sedia a rotelle sulla quale era costretto dalla sua disabilità. Lunedì 2 ottobre la famiglia era stata segnalata dalla Caritas diocesana (Ufficio consulenza profughi) ai servizi sociali come situazione “vulnerabile”, per la quale disporre immediate misure di protezione. Di fronte al rifiuto di dare un tetto alla famiglia (in base a una interpretazione restrittiva dei limiti imposti dalla vigente circolare provinciale), la Caritas ha avvertito subito della situazione tutte le Istituzioni responsabili del sistema di accoglienza delle persone richiedenti asilo. Mentre l’iter faceva il suo corso, la famiglia è stata ospitata per la notte nei locali di un oratorio parrocchiale, in quelli della chiesa evangelica, all’ospedale di Bolzano (per un primo ricovero) infine in un albergo a spese di privati cittadini. La fatale caduta di Adan è avvenuta venerdì 6 ottobre, mentre la famiglia si recava alla mensa della Caritas, dove ha avuto la possibilità di cenare ogni sera.


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