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Migrazioni: serve un’Europa consapevole e solidale

Presa di posizione del direttore della Caritas Paolo Valente per la Giornata internazionale del rifugiato 2018

 

L’iniquità nella nostra storia
L’Europa dei secoli passati deve il suo sviluppo economico e tecnologico anche a un rapporto iniquo con molte regioni dell’Africa, dell’Asia e dell’America. Ora le popolazioni di questi continenti, soprattutto dell’Africa e dell’Asia, bussano alle porte dell’Europa a causa della miseria, delle guerre e dei cambiamenti climatici. L’origine di questi mali si trova spesso nei cosiddetti “interessi nazionali” dei Paesi europei e delle grandi potenze. Lo dicono esplicitamente: “America first”, “Prima gli italiani”, “Österreich zuerst”.

Egoismi nazionali
Oggi riemergono i nazionalismi e gli egoismi nazionali. I governi, per ritrovare coesione in Europa, sono tentati di fondare un nuovo “egoismo europeo”, fatto di frontiere e porti chiusi (appaltando la gestione del fenomeno migratorio a Paesi come la Turchia e la Libia), dimentico dei valori fondanti dell’Unione europea: dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, diritti umani (cfr. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).

Equità e accoglienza
La Caritas, come espressione della comunità cristiana e a nome dei molti che non hanno paura del loro prossimo, auspica un’Europa solidale e responsabile, capace di equità e accoglienza. Equità nei rapporti internazionali, in modo da garantire una giusta distribuzione delle risorse a livello globale e da non costringere le persone ad abbandonare forzatamente la propria terra. Accoglienza di coloro che giungono a noi via mare e via terra, nella consapevolezza che il mondo appartiene a tutta l’umanità e non a pochi privilegiati.

Responsabilità globale
Abbiamo una “responsabilità globale”. Papa Francesco ha chiesto qualche giorno fa che “la responsabilità della gestione globale e condivisa della migrazione internazionale trovi il suo punto di forza nei valori della giustizia, della solidarietà e della compassione”. A tal fine, ha detto, “occorre un cambiamento di mentalità: passare dal considerare l’altro come una minaccia alla nostra comodità allo stimarlo come qualcuno che con la sua esperienza di vita e i suoi valori può apportare molto e contribuire alla ricchezza della nostra società. Perciò, l’atteggiamento fondamentale è quello di andare incontro all’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo”. Il papa sottolinea che “nella questione della migrazione non sono in gioco solo numeri, bensì persone, con la loro storia, la loro cultura, i loro sentimenti e le loro aspirazioni. Queste persone, che sono nostri fratelli e sorelle, hanno bisogno di una protezione continua, indipendentemente dal loro status migratorio. I loro diritti fondamentali e la loro dignità devono essere protetti e difesi”.

Non strumentalizzare la sofferenza dei migranti
La comunità cristiana e la comunità civile in Alto Adige e in Europa hanno diversi modi per dare un contributo all’eliminazione delle “inequità” che causano le migrazioni forzate:

- Accogliere degnamente le persone che fuggono da situazioni invivibili. Ciò significa qualità nell’accoglienza e tempi e modi congrui nelle procedure burocratiche. Significa anche affrontare seriamente la questione delle persone che non saranno riconosciute come rifugiati e tuttavia continueranno a vivere nelle nostre città.
- Sensibilizzare le comunità locali all’accoglienza e la classe dirigente a scelte nel segno del bene comune. Ciò vuol dire anche, in vista delle prossime elezioni, evitare di strumentalizzare la sofferenza dei migranti e di attizzare in modo artificioso il senso di insicurezza dei cittadini. Vuol dire inoltre educare e educarci a una società multiculturale (l’Alto Adige, a modo suo, lo è da sempre).
- Avviare (dove la situazione lo consente) progetti di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di provenienza dei migranti. Ciò vuol dire uscire dalla logica degli “egoismi nazionali” e riconoscere a tutti concretamente il diritto a non abbandonare la propria terra.
- Avviare processi – a livello micro – di cambiamento di quegli stili di vita che, nell’ottica di uno sviluppo equo a livello globale, si rivelano insostenibili perché provocano – a livello macro – guerra, miseria, cambiamenti climatici e, di conseguenza, migrazioni.

Paolo Valente, direttore Caritas

 

Che cosa fa la Caritas diocesana

La Caritas, con e per i rifugiati, offre diversi servizi, tra i quali:
- L’accoglienza. Gestisce 11 centri di accoglienza per persone richiedenti asilo, in tutto circa 480 persone, nei comuni di Bolzano, Merano, Malles, Tesimo, Renon, Castelrotto, Bressanone, Brunico, Vandoies, Prati di Vizze.
- La distribuzione pasti S. Chiara a Bolzano. Ogni giorno oltre 250 cittadini stranieri non-UE ricevono la cena. Tra loro i più sono persone richiedenti asilo.
- Volontari. Formazione e accompagnamento dei volontari.
- Studio, sensibilizzazione, cooperazione internazionale. Incontri e percorsi nelle scuole, nelle parrocchie e sul territorio che mettano in luce il complesso legame esistente tra migrazione e sviluppo.
- Ricerca alloggio. Le persone che, a fine percorso, lasciano le strutture, vengono accompagnate nella difficile ricerca di un alloggio.
- Consulenza e accompagnamento. Servizi di consulenza per persone con retroterra migratorio a Brunico, Bolzano, Merano e val Venosta. A Bolzano il servizio di Consulenza profughi (v. sotto).

 

Un’esperienza concreta più che ventennale
La Caritas osserva, riflette, opera concretamente
La Consulenza profughi di Bolzano, un servizio di frontiera in una città di frontiera

L’impegno della Caritas diocesana nell’ambito delle persone richiedenti asilo e dei rifugiati si traduce a Bolzano anche nella gestione, da ormai oltre 20 anni, del Servizio di Consulenza Profughi. Questo servizio di front office offre oggi ascolto, consulenza giuridica e sociale alle persone che fanno richiesta di asilo e che sono fuori accoglienza, ovvero fuori dai circuiti dei centri di accoglienza governativi. Si tratta di numerosi richiedenti asilo provenienti da diversi Paesi come Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan, Somalia e da decine di altri Paesi, accomunati dall’essere in situazioni di grave difficolta sociale. Una realtà fatta di persone “invisibili”. Il servizio si occupa di aiutare queste persone nelle varie fasi della procedura di asilo presso la Questura e la Commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale, fornendo principalmente informazioni sui diritti e doveri e consulenza approfondita. Ma si attiva anche per diversi servizi di base per le persone senza dimora, collaborando attivamente dal punto di vista socio-sanitario con i servizi pubblici e con le altre organizzazioni del territorio. Lo sportello, per il gran numero di utenti che vede, costituisce anche un osservatorio sulle dinamiche che caratterizzano una città di frontiera come Bolzano. Dall’inizio dell’anno sono passate alla Consulenza Profughi ben 1.312 persone, numero in aumento rispetto allo stesso periodo del 2017. 529 di queste persone sono state viste per la prima volta. Si tratta di uomini e donne singole, famiglie con o senza bambini, con bisogni di base, necessità di capire le nostre regole e di avere una bussola nella burocrazia, con la semplice speranza di fare una vita normale. Non tutte queste persone si fermano a Bolzano. Quelle che lo fanno iniziano la pratica di asilo e cercano un percorso di integrazione nella nostra terra. La caratteristica del nostro territorio, posto sull’asse del Brennero, si rispecchia nella provenienza degli utenti del servizio. Negli ultimi mesi infatti la componente più significativa degli arrivi a Bolzano è stata quella di ritorno dal nord Europa più che quella degli arrivi dal Sud Italia. Coloro che arrivano attraverso il Mediterraneo sono infatti solitamente inseriti fin dall’inizio nel circuito dell’accoglienza dei Centri governativi. Come è noto gli arrivi tramite sbarchi sono calati del 75% rispetto al 2017. Il servizio Caritas viene invece a contatto sia con coloro che hanno perso l’accoglienza e si ritrovano senza dimora in attesa di avere una risposta alla domanda di asilo, sia con coloro che sono rimasti impigliati nella rete burocratica delle norme europee del regolamento di Dublino e che quindi vengono rimandati di fatto dal Nord Europa in Italia, in quanto primo Paese di approdo. La finalità del servizio è aiutare le persone nell’emergenza, cercando innanzitutto di mantenerle nella legalità, aiutandole a inserirsi nel nostro Paese. La Consulenza si occupa però anche di seguire eventuali pratiche di rimpatrio assistito quando il progetto migratorio non ha più prospettive.


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